lunedì, gennaio 28, 2008

CHI HA PAURA DELL'INDIPENDENZA DEL KOSOVO?

A. C.
Chi ha paura dell'indipendenza del Kosovo?

C'è da dire che uno Stato si può fare anche così, partendo dall'alto. D'altronde nei Balcani si è sempre fatto così, no? Certo, in Europa la diplomazia è uscita dalle segrete (quelle del 1913 quando il Kosovo fu regalato alla Serbia). Io non nego che in questa uscita dal sottosuolo, ci sia un merito (forse già rimosso) degli Stati Uniti.
C'è chi ora è preoccupato per i serbi del Kosovo, ma io no. Sarei preoccupato se fossero rimasti sotto la Serbia, sotto quella stessa classe dirigente vecchia scuola ancora in balia del nazional-comunismo, nonché ancora alle prese col proprio medioevo. Infatti, i serbi hanno avuto un impero, non gli è ancora passata; gli albanesi no e mai lo vorrebero. I serbi hanno creduto in un imperatore; gli albanesi hanno combattuto con Scanderbeg, che fu un grande difensore.
In Italia c'è già chi si sbilancia e dice che le fosse comuni sono state una messa in scena: questo è come dire che la Zastava produceva gomme da maticare. C'è chi pensa che il Kosovo non deve essere indipendente, anzi deve riconciliarsi con la Serbia, come il figliol prodigo che ritorna... perché la Serbià è stata ingiustamente attaccata. Ma la Serbia finora ha detto solo che vuole ad ogni costo tenere il territorio kosovaro, senza dire nulla di cosa vuole fare di chi lo popola.

Ci sono anche quelli che vedono gli albanesi come una popolazione di origine araba (!!!), e quindi possibile minaccia alla sicurezza mondiale, per via della massiccia presenza dell'Islam tra le genti albanesi, specialmente in Kosovo. Beh, questi riduzionisti, nella mente somogliano più a Bin Laden che ad altri, perchè è proprio lui a promuovere questo tipo di riduzione, riducendo l'Occidente alle crociate. Identificare una cultura nel suo peccato, è il punto di partenza per delinquere contro quella cultura.
Lo stesso Tito che non era serbo-centrico essendo croato, fece deportare centinaia di miglialia di kosovari in Turchia, con il pretesto della religione.

Io non sono mai stato in Kosovo. Ma conosco degli intellettuali kosovari, e tra i miei scrittori preferiti in assoluto, c'è un kosovaro: Anton Pashku.
Mi sento con i kosovari, fratello nel destino; ecco come concepisco l'idea di nazione, non come una combutta all'insegna del protagonismo storico, ma essenzialemente come una condivisione sentita di alcune narrazioni.
Tra le storielle che amo condividere nel mio privato, ce n'è una che ripeto spesso. Quella del vescovo Noli, in America. Uomo di immensa cultura, Noli fu attivo patriota, e quando l'albanesità era cosa ancora molto incerta, fondò "Vatra", il focolaio albanese a Boston. Una volta quando era di stanza lì, si recò in un ricevimento.Una sciura dell'altra società del posto, a quanto pare fresca di letture propagandistiche serbe, gli capitò incontro. La propaganda serba di quei giorni lontani (ma non troppo), diceva essenzialemente che gli albanesi non possono fare uno stato, perché hanno la coda e vivono sugli alberi. Più Ottocento di così... Ma la sciura, a quante pare aveva letto in buona fede. E quindi quando Noli si presenta come albanese, lei esclama: "Oh, mister Noli, credevo che voi (albanesi) aveste la coda". E Noli, senza scomporsi, risponde: "Sì, è vero signora. Ma noi, la coda, ce l'abbiamo davanti".

Dico che gli albanesi hanno sofferto molto il distacco immeritato dalla famiglia europea, e l'innimiciazia dei vicini, per essere nazionalisti convinti. Il patriottismo sì, quello riamane, e fiorisce. Io non ho paura che un domani ci sarà un Milloshevic albanese. Albania e Kosovo saranno nella NATO. Io non ho il minimo timore che domani qualcuno si svegliarà nell'Ottocento, e vorrà fare la grande Albania. Con la stessa energia, lavorando nella direzione giusta, si entra in Europa, lo sappiamo tutti. Non saranno certo i confini a far grande una nazione.
Se gli albanesi hanno ancora oggi bisogno di essere riconosciuti come nazione, questo prova solo che questo riconoscimento finora c'è mancato; non che siamo nazionalisti. Se gli albanesi hanno bisogno di non venire scambiati per slavi, vuol dire che questo succede spesso, e senza altro motivo che l'ignoranza e l'indifferenza; non vuol dire che abbiamo qualcosa contro l'essere slavi, ma semplicemente che non lo siamo. Io non ho paura dell'indipendenza del Kosovo, come l'Europa non ha paura di un altro stato nell'Europa unita.

Vorrei solo sperare che i kosovari, che compongono il popolo più giovane in Europa, capiscano una cosa: che non devono imborghesirsi troppo alla svelta; sarebbe la peggio risposta alla loro storia. I kosovari devono rimanere svegli, ma questa volta per lavorare, positivamente, per construirsi un vero futuro.
Bisogna anche dir loro che l'Europa prima ancora di essere divenuta la casa delle nazioni europee, è stato ed è un livello di realtà. Quindi, al Kosovo non basterà un programma politico per mettersi sulla via dell'Europa. Abbisognerà anche di un programma culturale, per attingere e per entrare a condividere quel livello di realtà le cui porte furono aperte, qui da noi, prima di tutto dagli antichi greci.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Interesant ky blog!do te kthehem serish.
Me respekt Anileda