alcune liriche del più struggente poeta albanese
Frederik Rreshpja (1941-2006)
Rimani, stasera da me
La luna sul fiume disegna
Un ponte per i sogni delle stelle;
Nube grigia, l'obliata nostalgia
Appoggia il capo sulle mani dei boschi.
Venisti per la via della luna,
I boccioli fiorirono sulle soglie.
Rimani stasera da me
Il tempo che le rose dei tronchi siano morte.
Vignetta
Un ermo salice, coperto d’inverno
Abbandonato da uccelli e foglie:
Il vento, qual scoiattolo balza sui tronchi
Col boccio di pioggia tra i denti
Le notti felici, da campanellini
Trillano sui rami della memoria…
Si profilano sullo sfondo dei lampi
Le lune che si sono mangiate i greggi
Caduto dal vetro franto del cielo
Il cristallo di giaccio albeggia le notti
E sui pastelli di neve infreddolisce
Il salice triste, sfortunato Serembe.
Autunno 1990
Piange il cervo in radura e le lacrime si fan pioggia
Si rattrista il vento sulla roccia
Non ci sono più foglie verdi. Stanno cadendo
I sogni dei boschi ad uno ad uno
Fuggono gli uccelli dallo spogliarsi dei tronchi:
Addio, o boschi dei Balcani!
Solo un cespuglio azzurreggia ancora
L’ultima violetta del canto dell’usignolo
Che venga un autunno senza migrazione d’uccelli!Che venga un Dio, a prender in mano le stagioni!
Per sempre
O aria della sera avvolgimi, è ora che io muoia di nuovo.
Quando si chiuderanno i miei occhi, non ci sarà più mare
E le imbarcazioni di lacrime.
Vado e lascio chiusa tutte le piogge.
Ma tornerò ancora ad ogni stagione che vorrò.
Sono stato la tristezza del mondo.
O aria della sera avvolgimi, è ora che io muoia di nuovo.
Ritorno al luogo natio
Eccomi di nuovo tornato nella Scutari dei re
Eretta pietra su pietra
Sulle nude spalle
Di una donna
Dai fratelli traditori.
Sui rami della pioggia cantano gli uccelli
Sotto il grande albero del mezzodì
Foglie gialle cadono sulla mia anima.
Poi,
io le scaravento verso il cielo per fare un autunno
ma tu non ci sei più…
Ora
sei negli albori delle stagioni
per ciò non ti concerne più il gioco dell’aria e del sole
che s’innalza sulle nubi come su un tavolo pagano.
Appaiono
Nel vespro le rose tessute di sole
Ahi ora persino le rose mi ricordano i camion con i ragazzi uccisi
Com’erano belli e giovani mio Dio!
Arrivederci ragazzi su un pianeta senza dittatura
Nell’aria
Appaiono i patriarchi della poesia albanese
Bogdani, Fishta, Mjeda e Migjeni
I miei padri vagano nell’aria perché hanno i sepolcri franti.
Ora
Anche il marmo della mia voce è franto
Ora
Che è scesa la sera la statua della notte bussa sulla vecchia finestra
Di vetri franti.
Ave, madre mia!
Sto sotto la pioggia. Questa è l’unica cosa che voglio.
Che è questo? Chiedono le stille della pioggia sulla mia fronte
Così ho sentito la voce della pioggia
Un giorno d’estate vicino alla vecchia quercia
Alla porta lasciata aperta per gli uccelli.
Ahi, quand’ero giovane e bello credevo
Che tutte le piogge del mondo cadevano per me
Ma ora che tanti anni sono passati
So che non fa nessun senso che piova.
Ecco andata anche mia madre sotto una pioggia di marmo
Dall’archeologia degli dei che cadevano
Ave, madre mia!
Solo in te ho creduto
Altro Dio non ebbi mai. Amen!
Torso
Vieni fuori dal regno della pietra!
È da così tanto che busso sui marmi.
Mille anni e duemila.
Ci siamo baciati tra vecchie illiadi
Quando gli omeri suonavano la lira
O luna della pioggia, cieca maestosa!
Fai un Iliade per me
Quando anche l’ultima Ilion sarà caduta…
Sta chiuso nella pietra il mio cuore
Milla anni e duemila.
La morte di Lora
Te ne stai nel vespro come se ti fossero crollati i tempi addosso,
pronta per l’eternità.
Non mi parli. Hai dato la parola alla morte, lo capisco.
Ma tu a questo mondo venuta sei per me, non per i cieli.
Siamo sempre stati insieme, fin da giovani,
e ora m’hai lasciato!
Mi fanno tristezza le stagioni. Tu lo sapevi
E dal mondo mi separa una via di miglia solitarie
Abbiamo detto cose che non saranno capite mai.
Abbiamo camminato per i secoli, davanti alle piramidi,
i nostri nomi erano scolpiti
anche quando non avevamo la roccia.
Ma queste cose non saranno mai capite.
Come i vangeli.
Siamo stati belli entrambi, ma tu ora
Sei ancora più bella, con un po’ di morte sugli occhi.
Shiroka in inverno
Non ci sono più uccelli. I voli sono cancellati.
Nulla fuorché la primitiva aura della pioggia.
La costa traluce ai piedi delle acque
Sognando l’estate passata.
Nella sabbia dell’oblio io raccolgo
La ceramica del tuo ritratto.
Che breve questa estate, mio Dio!
Un pugno di sabbia e un pugno di sole.
Tutto il calendario dell’estate con un solo sabato
E tutto il sabato con un bacio solo.
Comunque
Comunque
Questo mattino mi morirà nelle mani
Comunque, la gente saprà inventarsi un mattino,
come ha inventato i mari, le stelle, la pioggia
e tante altre cose che non esistono.
La notte è la tua ombra
Che non sei riuscito a raccogliere.
Comunque, io potrò scrivere liriche moderne,
ora che è troppo tardi per cose che non esistono,
come ad esempio la felicità.
O bei bambini, pioggia di fiori e cose del genere,
di cui la Genesi incolpa il buon Dio!
tradotte da A. Cani
sabato, maggio 27, 2006
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