sabato, maggio 27, 2006

"Li occhi putti", un racconto di M. Dibra

Mir Dibra


Occhi putti
(Sytë kurvnorë)


Il giovane scrittore senz’opera, Tristan Tz., sbucciò l’ultima arancia mentre cercava con gli occhi un cestino dove buttare la scorza. Quando la gettò ebbe un brivido pensando alla propria di buccia. Era da dieci minuti che camminava in quella strada dritta, e non la smetteva di chiedersi se non dovesse tornare da dove era venuto.
Era domenica e la sgombera strada gli sembrava molto più lunga del solito. I pensieri che si agitavano nella sua testa diventavano sempre più neri, e si affollavano come degli intrighi in una corte bizantina. In tanto, ad ogni pezzetto d’arancia mandata giù, il freddo dentro di lui, cresceva. Non vedeva l’ora di trovarsi dentro un vagone metrò dove godere in tranquillità di un po’ di riscaldamento e della velocità di quel lombrico di ferro.
La giornata non poteva essere più scialba. Era stanco di tutto: della solitudine, come del proprio peso, come dei fottuti maiali che di quando in quando gli tagliavano la strada. Ma la cosa che lo esasperava veramente era la sua opera, la quale in tutto non contava che poche, alquanto mediocri, pagine.
Era da anni che lui, immerso a capofitto in un abisso di solipsismo verbale, o verbalismo solipsistico, non vedeva più la via. Immaginate un deserto dove la sabbia è ghiaccio triturato, un cielo dove sono stesi mille ombre impregnate della materia oscura dell’universo. Immaginate di considerarvi dei buoni a nulla, che trovandosi nel bel mezzo di una guerra non fanno che reggere il muco non sapendosi servire nemmeno del fazzoletto…
Ma trattavasi di guerra sporca. Perché egli era come catturato da una rete potentissima di sguardi che lo lasciavano inerme davanti alla vita.
Occhi putti che lo seguivano come serpi, occhi putti che lo pungevano mentre mangiava, occhi putti seguiti da parole sibilanti, occhi putti pieno di piscio, occhi putti in pieno giorno; tenebre appiccicose. Occhi putti dai mille veleni. Occhi putti sui quali la morte ha cagato. Occhi putti a scuola mentre studi, occhi putti nel quartiere dove abiti, occhi putti nella vita che vai morendo. Occhi putti al posto in cui lavori, occhi putti: buchi neri trittura-materia. Occhi putti di puttanelle con le idee chiare e dei loro compagni con gli occhi putti e con lacrime di pus. Occhi putti che ti guardano con vomito. Occhi putti di spie, becchini, e strozzini. Occhi putti di spregevoli bastardi. Occhi putti di carogne. Occhi putti che quando dormono sbattono i denti dei loro subdoli appetiti. Occhi putti che stillano veleno da uccidere un serpente!…
…“Occhi putti”, quale titolo migliore per la sua autobiografia - l’avevano perseguitato fin da bambino…
…occhi putti che si fanno crescere le unghie per graffiarti. Occhi putti incendiarî che non basterebbe a spegnerli nemmeno lo sputo di una balena… gli avevano condizionato la vita, speravano non gli condizionassero anche… la morte, ecco!
Occhi putti che marcivano putrefatti. Occhi putti - buchi di culo. Culo a due buchi - occhi putti. La merda è tanta dentro questi maiali che per espellerla li occorrono due buchi. Ma non preoccupatevi: torneranno a mangiarsela. Occhi putti che ti stanno alle calcagna. Occhi putti che ti succhiano il sangue.
Gli occhi putti che hanno interrotto i nostri baci.
Quegli occhi putti con l’invidia della fogna per le stelle…

Si era seduto Tristan TZ., e beveva. A breve sarebbe stato ubriaco, e quindi pronto a lavorare. Quel freddo di prima, era scomparso del tutto. Adesso sentiva caldo e il bisogno di bruciare un po’ d’energie. Uscì chiedendosi se aveva pagato. E si mise a camminare lungo il marciapiede oscurato.
*** L’indomani si sveglio di buona ora. Ed ebbe una idea discreta: Parigi! Sentii il richiamo di questa città-cuore, e si sovvenne dell’eremita di montagna, che da giovane colto da propositi omicidi, ebbe la beata ispirazione di recarsi al tempio nell’intento di non uscirne chè a partito preso. Ciò lo dissuase dall’uccidere, e fu così che egli divenne un’eremita…

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