lunedì, giugno 05, 2006

“Un dossier su Kadaré”, il libro delle grandi verità


IRHAN JUBICA



“Un dossier su Kadaré”, il libro delle grandi verità
In occasione della pubblicazione di questo libro in francese

Bisogna dirlo dall’inizio che è imperdonabile il fatto che nessuna delle associazioni dei perseguitati politici non abbia ancora offerto allo scrittore Ismail Kadaré la tessera di membro, dopo una tale testimonianza pubblica delle sua persecuzione da parte del regime, resa nel libro “Un dossier su Kadaré”, con autore il grande studioso Shaban Sinani. Con una serietà e competenza che solo un ex-redattore di “Zëri i popullit” potrebbe avere, come anche tramite documenti originali troppo segreti e troppo significativi – come lo sono, tra gli altri, i frammenti dai libri rari “L’autunno dell’angoscia” o “Le strade dell’inferno”, la lettera di un insegnante di Berat e la nota di Hysni Kapo sempre per Ramiz Alia etc., - l’autore è riuscito a chiarire l’intera verità della continua persecuzione che è stata sostenuta ai danni dello scrittore Ismail Kadaré, una sorveglianza che è risultata con conseguenze così pesanti che lo stesso scrittore, in quelle 10-12 interviste al giorno che concesse dopo la pubblicazione di siffatto libro di studio di grandi proporzioni (238x148x23mm), dichiarò in tutta sincerità: “E’ triste sapere di essere stato sorvegliato in tal modo”. Non sono solo i documenti a parlare in questo libro di studio; è anche lo stesso autore che di quando in quando fa i suoi commenti – del tutto imparziali, da vero studioso – su documenti che lui ha conosciuto, e forse anche compilato da sé al tempo in cui da istruttore del Comitato Centrale del Partito del Lavoro d’Albania, era uno dei delfini di Ramiz Alia, anche se egli fin dal proemio si stupisce cercando di stupire anche il lettore come sia stato possibile che lo stato dittatoriale abbia da una parte tratto motivo di vanto dalla propaganda che lo scrittore prescelto ha fatto al regime in occidente, e dall’altra, ci sia stato anche un”atteggiamento segreto e critico” per “il controllo vigile” della letteratura. Tutto ciò è molto strano e se non fosse per lo studioso Shabani, nemmeno ora la verità sarebbe venuta a galla.
È importante ricordare qui che fin dal anno 2003, quando il piano per la realizzazione di questo libro di studio di notevole spessore nacque, l’autore Sinani ebbe scritto che Kadaré è l’emblema della Generazione 1968 in Albania, come generazione di cambiamento. Nel medesimo studio, - che risulta essere il più serio mai compiuto sullo scrittore Kadaré anche per il fatto che l’autore di questo testo, insieme ad altri studiosi e grandi critici delle lettere albanesi quali Bashkim Kuçuku, Tefik Çaushi, Mark Marku, Xhemal Ahmeti, Novruz Shehu etc., sono del tutto imparziali nelle loro considerazioni sull’opera di KAdaré, - si dice anche che “Il problema dell’esistenza di una letteratura dissidente in Albania è un problema aperto, ma non può in nessun caso trovare una soluzione senza prendere in esame lo scrittore I.Kadaré.” è naturale che per l’autore non è questa la preoccupazione che l’ha spinto a compilare il libro “Un dossier su Kadaré”, dacché questo non era nemmeno lo scopo del libro di un altro grande scrittore quale Maks Velo sulla poesia “I pascià rossi”, che si chiamò “indagine su un delitto letterario”, libro, su cui dicesi ci sia stato una vera odissea nella questioni dell’autorialità. È chiaro che quando scrive che “nessuna dissidenza è nata senza un trattato di rifiuto di ordine politico-ideologico o della definizione teorico-letteraria del realismo socialista”, egli esclude persino lo stesso Ismail Kadaré dalla meritata dissidenza, anche se, la poesia dell’anno 1975 “A mezzogiorno il Politburo si è riunito” sia in quanto testo poetico eccelso, - realizzato con un’intensità sempre crescente e con maestria artistica ancora insuperata dalla moderna poesia albanese (peccato che quella poesia non sia stata inclusa nelle ultime raccolte a scelta dall’autore), - che come testo politico, ordunque questa poesia, realizza i criteri di un trattato quale il sopramenzionato, sempre seguendo i standard dello studioso Shabani. Forse è questa una scelta dell’autore, la serietà dei lavori scientifici del quale è stata confermata già dall’“Assillo dell’incompreso”, per lasciare a una seconda edizione, rielaborata forse, di trarre codeste conclusioni e provare a rigor di vero la dissidenza di Kadaré.
In un futuro libro di questa natura e questa qualità, l’autore sicuramente ci chiarirà anche le ragioni dell’immunità, perché con quel che si legge nelle 400 pagine di questo libro, ci si crea l’idea sbagliata che tutti i complotti contro Kadaré si siano disciolti quando ne e stato messo al corrente il dittatore, dando voce alle false maldicenze che vogliono Kadaré uno scrittore di corte. Sempre stando al libro, nel verbale di una riunione tenutasi nella Comitato Centrale di PLA il 25 ottobre 1975, tra altro anche sulla sopramenzionata poesia, ci sono state dure critiche nei confronti di Kadaré, e la questione si chiude definitivamente con un’autocritica da parte dello scrittore. Quindi, è dovere degli studiosi e dei critici eccelsi, i cui nomi abbiamo già qui menzionato, far luce su queste questioni, che solo essi possono trattare con la professionalità e l’imparzialità che li caratterizza.
L’unica frase in tutto il libro, con la quale non concordo e ho qui il coraggio di contrastare, è quella in cui l’autore scrive di aver compilato il libro come un servizio modesto alla verità. No, “un dossier su Kadaré” non è un servizio modesto alla verità, ma la verità stessa; è l’esempio di un autentico lavoro , d’archivio, di documentazione, di comparazione e di studio, un libro che innalza ulteriormente la figura di Kadaré, soprattutto per ciò che concerne il periodo della dittatura. È così serio e compiuto questo libro che persino la dichiarazione di Kadaré nello “Invito allo studio di scrittore” che “la censura nel nostro paese non fu mai applicata” suona così anacronica, come l’espressione di consapevolezza dello scrittore sul dovere sorvegliante della dittatura contro lui medesimo, nello stesso libro: “…tutto questo sfacelo, che spesso è invisibile e impercettibile, si mostra all’improvviso quando per lo scrittore scocca la malora, cioè quando lui e la burocrazia si trovano l’uno di fronte all’altra”; sicuramente, Kadaré ha previsto sin dal 1990 che queste sue dichiarazioni verranno sorpassate senza influenzare un libro come questo dello studioso Sinani.
Un'altra grande verità, credibile, toccante, è dispiegata nel libro: il poeta Maks, salvato da Kadaré sfila davanti agli occhi del lettore senza voler mai mettere allo scoperto il cognome, forse anche per protesta all’avvocato Doja, il quale dal canto suo, come Kadaré e compagnia, non si ricorda del di lui cognome. Cose che capitano.
In chiusura potremmo esprimere la convinzione che irraggia dal libro “un dossier su Kadaré”, che dalla posizione di uno scrittore-profeta che ha illuminato il cammino al suo popolo, Kadaré ha predetto persino il proprio di destino, già dal 1966 (due anni prima di diventare l’emblema della Generazione ’68 in Albania), quando in occasione del 25simo anniversario dalla fondazione del Partito Comunista d’Albania, ebbe creato i versi emblematici del realismo socialista: “Dove cercare la tue radici Partito/ come un platano grandioso sei spuntato accanto alla strada dove passano bufere/ che tirano a sradicarti/ ma non fanno che annaffiarti le loro bufere/ e tra bufere tu cresci”. Questo è il messaggio che il grande studioso Shaban Sinani ha voluto dare tramite questo libro: Kadaré, che fu sorvegliato, criticato, attaccato, non solo dai lettori e dai critici, ma anche il regime che aveva incaricato a tal scopo intere strutture statali, non è mai stato sconfitto.

Tradotto da A.Cani

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