mercoledì, maggio 23, 2007

POESIA

   Certamente Primo Shllaku, è uno dei poeti più intelligenti e più eleganti attivi in Albania ai nostri giorni.
   Questa piccola traduzione vuol essere un saluto a lui, e un omaggio al suo lavoro.
   Si iscrive a pieno diritto nel mio progetto per l'Antologia della poesia albanese.
   Per il lettore questi versi sono cinque minuti di puro piacere estetico.
  
 
  

Primo SHLLAKU

 

 

Il FESTINO

 

Eravamo in pochi

    senza molto da dire.

Il sole si era aggiunto al nostro tavolo

    fermandosi agli specchi.

Solo la frutta era smangiata dall'ombra.

La mano rincorreva le frangie del sole  

     sino al finire del tavolo monco.

 

Bevevamo acqua stagna

     qualcuno voleva stare in silenzio

     e noi ce lo facevamo stare,

finchè il sole rinentrato gli si posava sulle spalle.

 

Parlavamo del tempo, delle virgolette, del carboncino e di teatro.

Parlavamo delle gambe di Maria

Ci si accorse che la frutta stava finendo,

     si evocò la nuova che sarebbe maturata…

Eravamo in pochi a voler parlare.

Gli altri se ne stavano lì assenti.

 

Parlavamo del giorno che s'andava accorciando.

Parlavamo della brezza della sera.

Parlavamo dei seni di Maria.

 

Eravamo in pochi,

     e ora nessuno voleva più parlare.

Qualcuno notò che a questo giro

     le parole erano finite prima del mangiare.

Il tintinnio sul tavolo era metallico,

     gli stuzzicadenti erano tutti da buttare.

 

Parlavamo di Maria, della sua scomparsa,

     fu invocata la sua tomba.

Non so chi ci fece notare, che lei non era più dei nostri.

I piedi s'agitavano sotto il tavolo.

Segno che le chiacchiere

     se non proprio già finite,

     presto lo sarebbero state.

 

Parlavamo di Maria,

     della sua vita, della fine.

Bevevamo il caffè a lunghe sorsate

     e ci domandavamo

     se mai ci sarebbe stata un'altra come lei…

 

 

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